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Jazzy è il cinema che piega il tempo, e che racconta quanto è difficile crescere

Jazzy, di Morrisa Maltz
Jazzy, di Morrisa Maltz

Presentato in Concorso nella sezione PROGRESSIVE CINEMA (e prima al Tribeca Festival,) Jazzy è il nuovo film di Morrisa Maltz: un coming of age che trova la sua personale dimensione per raccontare sei anni della vita di Jasmine, soprannominata Jazzy (Jasmine Bearkiller Shangreaux) e della sua amica Syriah (Syriah Foohead Means).

Se inizialmente il ritmo può ricordare fin troppo quello di un videoclip, la poetica del film è propria di una delicata sensibilità volta a rappresentare un momento universale, che passa così in fretta da non ricordarsi com’era veramente. La regista segue con sguardo invisibile le due bambine, che crescono e si trasformano rapidamente. Cambiano, acquisendo consapevolezze adulte che vanno a sostituire quell’irresponsabilità senza rimorsi dell’infanzia, la libertà totale di sentirsi protette da qualsiasi preoccupazione.

La rappresentazione (con un pizzico di Linklater)

Può apparire come una facile impresa, raccontare il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, l’hanno fatto in molti e non smette di essere uno degli argomenti più indagati, scandagliati, approfonditi. A fare la differenza è lo stile: per restituire veramente la sensazione di essere persi tra i giochi dei bambini e le problematiche degli adulti, serve uno sguardo che ne catturi il senso profondo.

Se inizialmente Jazzy può sembrare poco lineare, quasi respingente, riesce poi a stabilizzare una dimensione fedele che riporta lo spettatore, come un viaggio nel tempo, ad anni spensierati, a conflitti solo apparentemente insormontabili, e a dinamiche delicate. La regista, Morrisa Maltz, cura innanzitutto il ritmo del film, e lo rende uno strumento indispensabile per essere trascinati nella quotidianità di una bambina di oggi, perfettamente inserita nel suo tempo.

Jazzy vive a Spearfish, nel Dakota del Sud con i genitori e la sorella più piccola. È nativoamericana, Oglala Lakota, come la sua vicina di casa, nonché migliore amica, Syriah. Il film inizia dal compleanno dei sette anni della protagonista, e la segue in una serie di piccole cose, avvenimenti, momenti a scuola o a casa, dove però nulla è mai piccolo. Tutto ciò che accade nella preadolescenza di Jazzy per lei è importante, complesso. Sono tutte prime prove per comprendere quelle che arriveranno dopo.

Jazzy, di Morrisa Maltz
Jazzy, di Morrisa Maltz

La fortuna della realizzazione sta nel fatto che la protagonista sia la figlioccia della regista. Elemento che permette di girare nel tempo, dando un aspetto documentario alla ricerca visiva e alla stessa storia, che segue la metamorfosi reale di Jasmine. Seguendo i passi di Linklater, che con Boyhood nel 2014 aveva filmato per 12 anni l’attore Ellar Coltrane, è come se Maltz volesse superare il confine che il cinema impone e spezzare la finzione della ricostruzione.

Ciò che vediamo è vero, Jazzy cresce sotto ai nostri occhi, e nel montaggio si alternano momenti del passato a momenti del presente, creando un dialogo da album fotografico (o da feed di Instagram).

Diventare grandi rimanendo se stessi

Il primo evento che mette Jazzy di fronte a un tipo di sentimento più adulto è il trasloco della sua amica in un’altra città. Tale cambiamento allontanerà le due ragazze, creando una naturale distanza nutrita dalla diversa attitudine che ognuna delle due ha nei confronti del mondo esterno. Se la prima riesce a interagire con altri ragazzi e ragazze, l’altra vive silenziosamente osservando ciò che la circonda.

Quando le due si rincontrano, compaiono anche i volti degli adulti, che fino a quel momento erano stati tenuti volutamente in secondo piano, riportando tutto nella misura di Jazzy e Syriah. Durante un funerale anche le loro origini si manifestano e vengono celebrate dalla comunità. Qui troviamo anche Lily Gladstone nel ruolo di una giovane zia. Anche co-produttrice del film, rappresenta l’affascinante obiettivo al quale Jazzy guarda con ispirazione, e le tradizioni Lakota, che prima erano state volutamente omesse, è come se diventassero il segno di una consapevolezza adulta in cui le piccole cose sono solo tasselli delle grandi cose, e per le grandi cose è necessario combattere e credere.

In breve

Jazzy è un film che trova il modo di portare sul grande schermo la fragilità dell’infanzia che si trasforma nella consapevolezza di sé. Lo fa con una narrativa pura e incalzante, capace di restituire allo spettatore l’andamento reale e le sensazioni di una bambina inserita nell’oggi, perfettamente attuale eppure universale nel suo affacciarsi al mondo.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.