Venezia 81, i film che abbiamo visto il 30 agosto alla Mostra del Cinema di Venezia 2024
Babygirl di Halina Reijn (Concorso)
Dopo aver diretto Bodies Bodies Bodies, la regista Halina Reijn arriva al Festival nella Selezione Ufficiale con Babygirl, thriller erotico con Nicole Kidman e Harris Dickinson. Il film racconta le vicende di Romy (Nicole Kidman), una donna in carriera la cui vita sembra apparentemente perfetta. È infatti sposata con Jacob (Antonio Banderas), un uomo che la ama e la rispetta, e ha un lavoro che la soddisfa. Tutto si stravolge quando Romy incontra per la prima volta Samuel, un giovane e affascinante stagista, che risveglia in lei lati del proprio essere fino a quel momento nascosti.
Ottime premesse, ottimo cast, eppure Babygirl per molti aspetti risulta fallimentare. Nonostante la tematica trattata sia più che interessante, quello che viene presentato come un thriller erotico rivela inaspettati toni comici, perdendo il fulcro della storia, ossia la riscoperta di qualcosa in se stessi. Grottesco in alcune parti, ciò che rapisce di Babygirl è sicuramente la recitazione, le interpretazioni, con una Nicole Kidman che si cuce addosso perfettamente il ruolo di donna in crisi ma pur sempre decisa a dare una svolta alla sua vita.
Maria di Pablo Larraín (Concorso)
Dopo la parentesi dello scorso anno che lo aveva visto protagonista con il lungometraggio El Conde, Pablo Larraín torna al Lido nella Selezione ufficiale con l’ultimo capitolo della sua trilogia, Maria, film che racconta gli ultimi delicati giorni della soprano Maria Callas, interpretata qui da una strabiliante Angelina Jolie. Il lungometraggio si concentra proprio sull’ultima settimana di vita dell’artista, tra riflessioni sulle decisioni prese durante la sua esistenza, rapporti complicati e amore per la musica.
Terzo lungometraggio, dopo Jackie e Spencer, dedicato alla vita di donne che hanno lasciato un segno nella storia, Pablo Larraín porta sul grande schermo quello più convincente e introspettivo tra i tre. Maria, infatti, racconta nello stesso istante sia l’icona che la persona di Maria Callas, facendo così trapelare il lato più intimo e vero di una delle personalità più importanti e influenti della musica lirica. Un tributo sincero e compassionevole che mette in primo piano le sensazioni e le emozioni della sua protagonista, contornata da personaggi secondari (tra cui Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher) che non le rubano mai la scena.
Disclaimer ep. 1-4 di Alfonso Cuarón (Fuori Concorso)
Protagonista assoluta delle prime giornate di Festival è Disclaimer, nuova miniserie diretta da Alfonso Cuarón, con un cast capitanato da Cate Blanchett. Tratta dall’omonimo romanzo di Renée Knight, Disclaimer racconta la storia di Catherine Ravenscroft (Cate Blanchett), un’autrice di documentari di successo, che vede la sua vita stravolgersi completamente quando il suo più grande segreto viene rivelato attraverso un romanzo.
Composta da un totale di 7 episodi, disponibili prossimamente su Apple TV+, Disclaimer si mostra sin da subito come un prodotto audace e ambizioso. L’originalità della trama è valorizzata da sceneggiatura abile, che sa mescolare toni thriller a toni più drammatici, con una tensione sempre crescente.
La psicologia dei personaggi è messa in primo piano, all’interno di una storia in cui è necessario conoscere e comprendere il passato per poter vivere il presente. Una storia di segreti e di non detti che risuonano ancora nella vita dei protagonisti a distanza di anni, e che sembrano non abbandonarli mai.
Rebecca Fulgosi
Marco di Aitor Arregi e Jon Garaño (Orizzonti)
Marco, diretto da Aitor Arregi e Jon Garaño, si basa su un caso realmente accaduto e dichiara subito il mezzo: un ciak segnala la ricostruzione degli eventi in atto. Ma è un dettaglio che dimentichiamo in fretta, perché la missione controversa del protagonista, Enric Marco, ci coinvolge immediatamente.
L’uomo sostiene di essere stato nel campo di concentramento di Flossenbürg, nonché uno tra quei deportati spagnoli di cui la Storia non parla abbastanza. Condivide questa esperienza nelle scuole e davanti a persone rapite dal suo carisma, diventa portavoce dell’Associazione spagnola delle vittime dell’Olocausto.
La realtà è che Marco sta vivendo la seconda parte della sua vita, basata su una ragnatela di dettagliate e convincenti bugie con cui ha ingannato sia l’associazione che la sua famiglia attuale. Il personaggio che abbiamo di fronte ci infastidisce, ci manipola, e inganna anche noi, lasciandoci il dubbio che la sua recita sia in parte per un fine nobile. Di fatto è un uomo che mente anche a sé stesso. Una sorpresa che conferma la selezione interessantissima della sezione Orizzonti di quest’anno.
Silvia Pezzopane
The Fisherman di Zoey Martinson (Biennale College Cinema)
Il vecchio, il nuovo, la paura dei cambiamenti e la loro necessità. E il mare, metafora di tutto questo insieme, onda dopo onda. Zoey Martinson racconta il Ghana dei villaggi di pescatori e quello della moderna Accra all’interno di una storia di sogni, ambizioni e desideri. Lo fa con uno sguardo poetico sui paesaggi e sui corpi silenziosi e con un linguaggio stravagante, ironico e divertente, soprattutto nei dialoghi.
È la storia di Atta Oko (Ricky Adelayitar), pescatore anziano che vede sfumare il sogno di diventare capo barca per fare spazio a un uomo più giovane e inesperto, che si fida ciecamente della tecnologia. Parte così verso la capitale insieme a un gruppo di altri “reietti” come lui, tra cui Shasha (Endurance Dedzo), la giovane figlia del vecchio capo barca, che combatte per trovare il suo posto fra gli uomini, senza sentirsi obbligata a diventare una moglie. Con l’aiuto di un pesce (fin troppo) parlante, forse un segno divino, lo strano gruppo riuscirà a ottenere un lieto fine, anche se non come previsto all’inizio.
Nel percorso Atta Oko e tutti gli altri impareranno cosa vuol dire davvero essere una creatura del mare-madre, riscoprendo il profondo legame con esso, soprattutto di fronte alla cupidigia dei pescherecci illegali e alla distruzione ambientale dilagante. È così che The Fisherman si rivela anche una commedia sociale, un momento di riflessione fra tradizione e trasformazione e un movimento in avanti necessario, che arriva attraverso la visione di una regista giovane e di grande talento.
Valeria Verbaro
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