Dalla pagina al grande schermo: districarsi nel mondo delle trasposizioni cinematografiche dei fumetti sui super eroi è da sempre una sfida colta dagli audaci, che impavidi cercano di ricostruire una linea cronologica per capirci qualcosa, o almeno per fare ordine dove tutto appare un po’ confuso.
In vista dell’uscita in sala di Deadpool & Wolverine, non potevamo evitare di buttarci in un rewatch compatto di tutti i film dedicati agli X-Men, che diciamolo, sono gli “eroi” protagonisti delle avventure più interessanti e sfaccettate a cui potreste appassionarvi.
Chi sono gli X-Men
Gli X-Men nascono nel 1963 da un’idea di Stan Lee e del disegnatore Jack Kirby, sono protagonisti di molteplici serie a fumetti (pubblicate dall’editore Marvel Comics) e costituiscono lo scenario più interessante di rilettura storico-politica degli Stati Uniti, dagli anni ’60 fino ad oggi (soprattutto con il rilancio verso la metà degli anni ’70 dovuto al lavoro dello scrittore Chris Claremont) sfruttando come pretesto le vicende di questi mutanti, dotati di incredibili capacità, in continuo contrasto con il razzismo degli umani (e fondamentalmente vittime di questo), e del loro sprezzante e ottuso rifiuto del diverso.
La saga dei film dedicati agli X-Men ha alti e bassi (anche abbastanza clamorosi), in qualche caso una serie di ambizioni inarrivabili, in altri delle piccole, meravigliose, rivoluzioni in ambito cine-comic, in cui la Storia indica quello che diventerà poi l’evoluzione di alcuni dei personaggi. La dimensione corale è imprescindibile, e proprio dove manca, forse, si percepisce un calo. Anche se poi basta un film come Logan nel 2017 e quell’autorialità degli inizi torna a risplendere trascendendo il fumettone e le tute sgargianti.
Qui una guida cronologica per guardarli in successione di eventi, tra parentesi la data in cui ciascun film è uscito in sala, i pro e i contro per ognuno dei film, che a prescindere hanno ricontestualizzato al cinema un’opera che mai più di adesso risulta pericolosamente contemporanea.
X-Men – L’inizio (X-Men: First Class, 2011) – Ambientato nel 1962
Quinto della serie di film, primo in ordine cronologico, First Class è forse tra i più bei racconti dedicati ai mutanti e alle loro vite. Doveva essere il prequel della trilogia degli anni ’00 ma diventa l’inizio di una nuova era che si incrocia con la seguente (o precedente), ha un cast con il meglio del panorama del momento: Charles Xavier ha il volto di James McAvoy, Magneto quello di Michael Fassbender, in più il personaggio di Mystica ha una totale ridefinizione rispetto a quella che arriva con l’età adulta dei personaggi, anche grazie all’interpretazione di Jennifer Lawrence.
La storia comincia quando Charles e Erik (Magneto) sono bambini, ma mentre il primo si trova nella dimora gigantesca dei genitori situata nella contea di Westchester, col suo pigiamino e una nuova amica (Raven/Mystica) trovata per caso a cui mostra il suo potere da telepate, il secondo assiste all’uccisione di sua madre in un campo di concentramento nazista. La rabbia di Erik rivelerà il suo potere, ovvero la capacità di controllare i metalli.
Dal 1944 si arriva agli anni ’60, Xavier cammina ancora sulle sue gambe ed Erik va a caccia di nazisti, i due diventeranno amici oltre qualsiasi aspettativa, ma anche dichiarati nemici. First Class è un grande film politico, ambientato proprio durante la Guerra Fredda e la crisi dei missili con Cuba, ha la capacità di approfondire le motivazione di Xavier e Magneto, quelle che definiranno in futuro le loro azioni, quelle che li pongono agli antipodi di un’interpretazione del conflitto che rispecchia le due visioni del movimento dei diritti civili negli Stati Uniti; da una parte la linea pacifista di Martin Luther King (che è quella di Xavier), dall’altra quella di Malcolm X.
La regia di Matthew Vaughn (che veniva da Kick-Ass) non si limita a raccontare uno scontro ma si avvicina con sguardo empatico alle vicende personali di individui rigettati dalla società, o peggio, studiati come cavie da laboratorio, massacrati, annientati. Ve ne renderete conto nei primi 10 minuti, ovvero la potentissima nascita di Magneto alimentata da rabbia e risentimento, cuore pulsante del film.
VOTO: 8/10
X-Men le origini – Wolverine (X-Men Origins: Wolverine, 2009) – Ambientato nel 1979
Per alcuni X-Men le origini – Wolverine massacra una graphic novel bellissima, che è l’omonima opera realizzata dal fumettista inglese Paul Jenkins, per altri è il degno inizio di una trilogia dedicata al personaggio, interpretato da Hugh Jackman, che ci racconta dove tutto ha inizio.
Quello che doveva essere un conflitto tra fratelli e il racconto delle manipolazioni (dolorosissime) subite da Wolverine/Logan si trasforma purtroppo in un action invecchiato malino, in cui ci sono parecchi personaggi ma privi di approfondimento; buttati in mezzo alla mischia per fare a botte ma sprecati dal punto di vista narrativo. Compare anche la prima versione di Deadpool (già allora interpretato da Ryan Reynolds), che non c’entra assolutamente nulla con ciò che vedremo in seguito.
Qui però entriamo in contatto per la prima volta con il maggiore William Stryker (Danny Huston), un supervillain coi fiocchi, che vanta il merito e la colpa di aver consegnato a Wolverine uno scheletro di adamantio. Ossessionato dal desiderio di radunare un esercito di mutanti in modo da combattere potenziali minacce, segna in modo indelebile la vita di Logan, per tornare poi da colonnello in X–Men 2 (2003).
VOTO: 6/10
X–Men (2000) – Ambientato verso la fine degli anni ’90
X-Men, sebbene cronologicamente arrivi dopo First Class, è di fatto l’inizio ambizioso (e ancora iconico) di una saga arrivata fino ad oggi. A guardarlo ora ci si rende conto di quanto sia datato, sono passati 25 anni e si sentono, i dettagli anni 2000 ci fanno sorridere come se guardassimo un episodio di O.C., ma a parte questo ha il merito di essere il vero, primo, cinecomic moderno e maturo con rilevanti potenzialità tecniche e aspirazioni da grande blockbuster.
Il regista, Bryan Singer, veniva da film come I soliti sospetti, e la sua autorialità si riscontra nella voglia di realizzare qualcosa che andasse oltre il cinecomic, anche grazie ad un budget molto elevato, e ad un casting fortunato che comprende Patrick Stewart nel ruolo dell’adulto Professor Charles Xavier e Ian McKellen in quello di Magneto (poco prima di interpretare anche Gandalf nella trilogia fantasy de Il Signore degli Anelli). Senza dimenticare che è qui che per la prima volta incontriamo effettivamente il Wolverine di Hugh Jackman, distante dalla rappresentazione nei fumetti, eppure così efficace da ridisegnare l’iconografia del personaggio.
X-Men stabilisce subito le sue intenzioni: vuole toccare temi importanti, sporcarsi le mani con la politica, addentrarsi nella chiave di lettura di Claremont, molto più interessante di quella dell’avventura o di quella adolescenziale dei primi fumetti. Il film inizia da un campo di concentramento, dove Erik (Magneto) viene separato da sua madre, sebbene sia un momento che viene approfondito in First Class, nel 2000, in un film potenzialmente mainstream, era un inizio forte che dichiarava la voglia di parlare di mutanti sì, ma soprattutto come metafora delle minoranze discriminate; etniche, politiche e di orientamento sessuale. Invecchiato? Un pochino. Ha perso la sua forza? Quasi per niente.
VOTO: 7/10
X–Men 2 (2003)
La Storia torna ad essere lo scenario prediletto in cui inserire gli X-Men: il seguito del film del 2000, diretto sempre da Bryan Singer, si riversa con violenza nella nostra attualità, inizia infatti con un attentato al Presidente degli Stati Uniti, una sequenza ancora oggi estremamente coinvolgente e riuscita. Non sappiamo se Trump avrebbe accettato dei mutanti come elettori (ma lo possiamo immaginare), sappiamo però che il core di questo tassello cinematografico è l’allegoria politica e sociale, che viene approfondita ulteriormente dal precedente, e la dimensione corale più che mai equilibrata. Sono molti i personaggi, ma ognuno, anche con poche battute, è caratterizzato nel modo giusto.
I mutanti, allontanati e denigrati dalla società, vengono considerati non solo diversi, ma pericolosi mostri da cui le persone non vogliono nulla, neanche un aiuto in situazioni in cui solo un paio di ali potrebbero fare la differenza. Basta ricordare il confronto dell’Uomo Ghiaccio, Bobby, con i suoi genitori, e la domanda che gli fa sua madre: hai mai provato a non essere un mutante?, qui la questione sottintesa della discriminazione dell’orientamento sessuale presta il vocabolario di assurdità razzista alla discriminazione dei mutanti, sembrandoci un tipo di pregiudizio più vicino che mai.
In X–Men 2 ritroviamo anche un grande antagonista, il colonnello William Stryker interpretato da Brian Cox (Succession), il film è infatti ispirato alla graphic novel Dio ama, l’uomo uccide con i testi di Chris Claremont e i disegni di Brent Anderson, pubblicata nel 1982. Qui il personaggio di Stryker è un fanatico religioso e fondamentalista, che mira ad un genocidio di mutanti solo perché non ha mai accettato che anche suo figlio lo sia. Sebbene nei film diventi un militare, il senso non cambia, lo odierete a morte. Come nella graphic novel le due fazioni mutanti, quella di Xavier e quella di Magneto, fino a quel momento contrapposte e antagoniste, si alleano contro il nemico, e, fondamentalmente, contro il terrificante razzismo umano, capace di sfociare in crimini d’odio e sconvolgenti atti tutt’altro che umani.
VOTO: 8/10
X-Men – Conflitto finale (X-Men: The Last Stand, 2006)
The Last Stand è il finale della trilogia degli anni ’00 che tutti aspettavano, e anche l’epilogo che ha lasciato più l’amaro in bocca agli spettatori. Malgrado una manciata di buoni spunti non ha la sceneggiatura salda di X-Men e X-Men 2, vuole infarcire la storia di troppi elementi (tra cui anche l’accenno alla saga di Dark Phoenix o l’arco narrativo dedicato alla cura del gene X) e risulta sicuramente meno ambizioso a livello narrativo dei precedenti.
Il film, con un altissimo budget, è però debole anche per la mancanza di Singer alla regia, sostituito da Brett Ratner. Senza fare spoiler consistenti è sufficiente dire che ha una delle morti gestite peggio in tutta la saga, e procede sulla linea dell’approssimazione, mettendo sempre tanta carne al fuoco, ma arrivando a una rappresentazione per la prima volta stucchevole. Per fortuna Days of Future Past cercherà di rimettere in gioco ciò che era stato perso per strada.
VOTO: 5/10
Wolverine – L’immortale (The Wolverine, 2013)
L’unico che sembra aver subito i tristi segni del conflitto finale di cui abbiamo parlato poco fa, è Logan, angosciato dalla scomparsa di Jean Grey, la mutante telepate di cui era perdutamente innamorato, vive ormai isolato da tutto e da tutti continuando a essere tormentato dagli incubi.
Il film è totalmente ripreso dal fumetto, ma nel passaggio qualcosa è andato storto: anche qui il becero action prevale sul trattamento più ricercato del personaggio, sprecando in parte un’occasione. Se ne ricordano le scene d’azione e il tempo che Logan passa in Giappone, ma è come se per la prima volta quello che ci venisse proposto non riuscisse ad elevarsi dalla bidimensionalità.
Non potete farne a meno se volete arrivare al successivo film dedicato a Wolverine, fate finta che sia un modo per il regista, James Mangold, di prendere le misure per riuscire a tirare fuori il meglio dal personaggio.
VOTO: 4/10
X-Men – Giorni di un futuro passato (X-Men: Days of Future Past, 2014) – Sviluppato su due linee temporali, 1973 e 2024
Days of Future Past è il film che cerca ufficialmente di mettere una pezza dove The Last Stand aveva deluso i suoi spettatori. Al centro della complicata e stratificata narrazione c’è l’idea della distopia e del viaggio nel tempo per scongiurare la distopia stessa, ripresa dalla saga dei fumetti e apice della seconda fase cinematografica degli X-Men. Alla regia torna Bryan Singer, e Days of Future Past ottenne una candidatura agli Oscar 2015 per i migliori effetti speciali.
Il progetto cinematografico è collegato non solo al conflitto finale, ma anche a Wolverine – L’immortale e ovviamente a First Class, e per quanto risulti abbastanza intricato, funziona. L’incontro tra i due cast, quello della trilogia anni 2000 e quello di First Class idealmente poteva essere un disastro, ma il risultato si rivela un successo.
Fa strano che il futuro post apocalittico e distopico da cui ha inizio il film sia ambientato nel 2024, dove le Sentinelle, robot senzienti, annientano i mutanti rimasti scovandoli in una landa desolata priva ormai di punti di riferimento. Tornare indietro nel tempo appare l’unico modo per salvare il futuro, ma il passato in cui si muove la storia è quello della guerra del Vietnam, con un Professor X sconvolto che sceglie di drogarsi con un siero preparato da Hank (Bestia, Nicholas Hoult) che lo fa camminare ma che annulla i suoi poteri telepatici.
Quando il peggio del progresso umano è destinato a sterminare i mutanti, iniziando proprio dall’approvazione delle Sentinelle da parte di Richard Nixon, la soluzione è di nuovo allearsi contro il male più forte, con una risoluzione molto più curata che nei film precedenti.
VOTO: 7/10
X-Men: Apocalypse (X-Men: Apocalypse, 2016) – Ambientato nel 1983
Le grandi aspettative alimentate dall’impalcatura di First Class e Days of Future Past vengono disintegrate da Apocalypse, in cui Kinberg firma il soggetto insieme a Singer, che torna alla regia. La sceneggiatura è il grande punto debole del film, che è prevalentemente sviluppato attorno alla figura di En Sabah Nur (Oscar Isaac), potente mutante proveniente dall’Antico Egitto e che si risveglia nel 1983 per fare tabula rasa ti tutto ciò che esiste e ricreare il mondo che desidera.
Apocalypse sembra un lungo pretesto di circa 140 minuti per farci sapere quando Phoenix sia potente, nell’ottica di uno stand alone futuro che la riguarda, la confusione di personaggi mal gestiti, dialoghi brutti e scontri inutili portano solo ad un avvenimento, l’unico che ricordiamo, Charles Xavier perde i capelli consacrando il look che avevamo conosciuto con Patrick Stewart.
Oscuro presagio anche per Singer, che dopo questo film si dedica alla regia di Bohemian Rhapsody (2018), lasciandolo però incompleto, e ritirandosi a causa degli scandali legati alle accuse di abusi sessuali.
VOTO: 5/10
X-Men: Dark Phoenix (Dark Phoenix, 2019) – Ambientato nel 1993
Dark Phoenix sembra quel film che a nessuno andava di fare; realizzato quando la Fox era già stata comprata dalla Disney, è privo di un’idea ferma o vincente, se non quella di proporre, in modo più o meno aderente ai fumetti, la saga di Dark Phoenix.
Uno tra i più clamorosi flop cinematografici di quell’anno, dove una lanciatissima Sophie Turner interpreta Jean Grey e la sua trasformazione, la Fenice Nera, restituendo però un limitato ventaglio di emozioni. Sembra che i poteri ottenuti da Jean, durante un’operazione assorbe un’energia celeste che ne amplifica i poteri psichici (ancora però molto instabili e senza controllo). Ne seguono una serie di fastidiosi incidenti provocati dai nuovi poteri di Jean che vanno dall’odioso all’insopportabile, portandoci ad un epilogo che frantuma il fascino di uno dei personaggi più amati degli X-Men. Sarà un caso che Kinberg (lo stesso di Apocalypse) ne firmi regia, soggetto e sceneggiatura?
VOTO: 4/10
The New Mutants (2020) – Ambientato nel 2024
Josh Boone (regista di Colpa delle Stelle) ci teneva così tanto che si fece aiutare dal suo amico sceneggiatore Knate Lee per scriverlo, ma qualcosa è andato storto. The New Mutants ha di fatto un cast perfetto: Masey Williams appena uscita da GOT con un personaggio legato alla licantropia, Anya Taylor-Joy come sorellina di Colosso, Charlie Heaton fresco da Stranger Things, in più il regista aveva alimentato grandi promesse annunciando che sarebbe stato un mix tra The Breakfast Club di John Hughes (che l’artista Sara Forbicini ha omaggiato nell’illustrazione qui sotto) e La Cosa di John Carpenter.
Il tutto sarebbe stato totalmente in linea con New Mutants: La Saga del Demone Orso, la storia di Chris Claremont e Bill Sienkiewicz da cui è tratto, che ci racconta di adolescenti molto più problematici e traumatizzati dei soliti X-Men (non a caso le prime pagine del fumetto affrontano un certo Legione). Il film era stato concepito come primo capitolo di una trilogia, ma venne rimandato in continuazione, e il flop di Dark Phoenix non aiutò di certo.
Nonostante anche New Mutants sia stato un flop in sala, non ci sentiamo di sminuirlo totalmente, abbiamo un debole per i mutanti adolescenti e se è lo stesso per voi recuperatelo.
VOTO: 6/10
Logan – The Wolverine (Logan, 2017) – Ambientato nel 2029
Dove tutto è buio la speranza torna a brillare con Logan, il film diretto da James Mangold che riporta Wolverine al centro della narrazione (con grande successo). Acclamato dal pubblico e dalla critica, è sicuramente un cinecomic anomalo, che apprende la lezione che all’inizio si voleva applicare alla saga. Quello che vediamo è un Logan logorato, invecchiato, vero, che vive in un 2029 in cui i mutanti sono sull’orlo dell’estinzione. Logan lavora come autista e si nasconde, l’adamantio nel suo corpo è avvelenato e Xavier è ormai anziano e malato.
Ma la speranza non è perduta: entra in contatto con Laura (Dafne Keen), una giovane mutante con i suoi stessi poteri, che lo porterà di nuovo all’azione, in difesa dei mutanti contro la società.
Logan è un film che si immerge nel genere western indagandone le potenzialità contemporanee (basti pensare alla citazione al film del 1953, Shane), non ha paura dei lunghi silenzi, della violenza che per la prima volta non sembra provenire da un fumetto ma dalla strada. Il sangue, la polvere, la distruzione, connotano l’atmosfera del film come se fosse un’opera a sé, per nulla legata ai film precedenti, eppure non è che la fine tragica che tutti sapevano sarebbe arrivata, attuale nella sua lettura, devastante nella risoluzione.
VOTO: 9/10
Un grazie speciale va a Emanuele Bucci e a Leonardo D’Angeli per il rewatch forsennato. Continua a seguire FRAMED anche su Instagram e Telegram.