Un film realizzato a quattro mani, quelle di Fabio Mollo e Alessandra Cataleta, un documentario che si fa portatore di un messaggio reale, ma che racconta anche la storia di due inestimabili opere d’arte, i Bronzi di Riace, da sempre investiti di un’aura di magia: Semidei, tra i cinque film finalisti dei Nastri d’argento, è un’opera ambiziosa che sovrappone linguaggi e visioni diverse, legandoli a doppio filo, riuscendo nell’impresa di narrare un mito attraverso il presente, e viceversa.
Lo sguardo dei Bronzi
L’immagine spesso ha più memoria e più avvenire di colui che la guarda
Georges Didi-Huberman
La suggestione iniziale è quella dello sguardo: Semidei mostra le immagini di repertorio delle prime persone che si trovarono ad ammirare le due statue rinvenute a Riace il 16 agosto 1972. Occhi spalancati, ammirazione, meraviglia; li guardiamo in soggettiva come se fossimo noi i Bronzi, esposti al pubblico dopo centinaia di anni.
La prima impressione è che le statue provochino stupore e soggezione, e qui i registi, Mollo e Cataleta, si concentrano per dare le prime coordinate di un lavoro che non si limita a documentare, ma si spinge oltre sovrapponendo la comunicazione artistica a quella del luogo, la Calabria, e della gente che lì le ha accolte. Una dichiarazione di intenti che si sviluppa per tutto il film, congiungendo le riprese dell’epoca con quelle attuali. Nonostante la novità si sia in parte esaurita e i Bronzi siano esposti al Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria da parecchi anni, la devozione e la meraviglia continua a vivere in moltissimi appassionati, studiosi e visitatori.
Sebbene esistano molteplici studi e ricerche a proposito della loro provenienza, le due sculture imponenti continuano ad attrarre grazie al mistero che li avvolge: sono i fratelli Eteocle e Polinice che si scontrano fino alla morte per la corona? O sono i santi Cosma e Damiano, protettori di Riace? Nella loro presenza si cristallizza un passato che si riversa nel presente, proiettandosi al contempo nel futuro. Loro che hanno attraversato i secoli come vere divinità, immortali nel tempo ed emblema di perfezione.
La scelta dei personaggi
Nella scelta dei co-protagonisti di questo racconto si ritrova l’esigenza di parlare della Calabria e della sua gente: a fare da contraltare all’imponenza mistica dei Bronzi, immobili nel loro spazio protetto, ci sono le persone e la loro quotidianità: ci sono le voci di chi i Bronzi li ha visti praticamente riemergere dall’oblio, come Stefano Mariottini, il sub non professionista che all’epoca scoprì per caso un braccio bronzeo fuoriuscire dalla sabbia, e gli uomini di Riace, al tempo adolescenti, che avevano creduto di averli trovati per primi, e gli studiosi come Daniele Castrizio, ma anche quelle di chi li vede praticamente per la prima volta, come il ragazzo Rom di Gioia Tauro che li descrive come santi e guerrieri o la donna ucraina arrivata in Calabria con parte della sua famiglia per scappare dalla guerra.
Lo sguardo estasiato, innamorato, diventa plurale, multiforme, eppure omogeneo. Ad unire tutte le testimonianze è lo spirito di una terra che ha accolto e continua ad accogliere chi arriva dall’altra parte del Mediterraneo e non solo. A parlare sono anche le nuove generazioni, desiderose di un’affermazione che possa promettere una vita futura in quella che conoscono come casa, e non altrove.
E allora i due fratelli, guerrieri, santi, sono il simbolo ma anche il pretesto, per viaggiare lungo la storia che ha segnato e cambiato la Calabria, e Semidei diventa una narrazione a 360 gradi, estremamente radicata dell’attualità.
Dove tutto si incontra
La vita è una sola, dice uno dei personaggi del film, ma solo se si parla di esseri umani, perché intanto le immagini e le opere artistiche attraversano molteplici esistenze, proiettando il loro messaggio avanti negli anni.
Questo è ciò che succede ai Bronzi di Riace, che secondo l’ipotesi dell’archeologo Castrizio sono la raffigurazione di due fratelli pronti ad uccidersi per il potere. E quindi la loro sopravvivenza nei secoli trasmette una testimonianza unica, che si fa messaggio di pace, e si connette direttamente a chi li ha accolti come segno di speranza, e regalo del fato.
Pronto a viaggiare per tutta Italia dopo essere stato proiettato al Sudestival, Semidei è molto più di un documentare il reale, più di una comunicazione sull’arte, poiché apre l’orizzonte a ciò che ancora è sconosciuto, sovrapponendo la potenza di due reperti unici al mondo, e la forza di chi li ha adottati come protettori.
Qui puoi leggere l’intervista ai registi Fabio Mollo e Alessandra Cataleta. Continua a seguire FRAMED! Siamo anche su Facebook, Instagram e Telegram.