Un amore crudele e un desiderio inarrestabile compongono il nucleo del complesso triangolo amoroso ideato da Ira Sachs in Passages.
Presentato in anteprima mondiale al Sundance Film Festival, arriverà nelle sale italiane il 17 agosto distribuito da MUBI.
Protagonisti sono Tomas (Franz Rogowski), il marito Martin (Ben Whishaw) e Agathe (Adèle Exarchopoulos), la donna con cui Tomas inizia una nuova relazione.
Sullo sfondo una Parigi contemporanea che accoglie il tedesco Tomas e il britannico Martin, uno regista e l’altro pittore, due artisti dall’anima libera il cui rapporto, tuttavia, si spezza quando il secondo non riesce più a comprendere e condividere i desideri del primo.
Quando Tomas incontra Agathe, infatti, non si lascia semplicemente sedurre, ma intravede in lei l’appiglio per un suo stesso moto di libertà. È il sesso, il desiderio, lo strumento attraverso cui lo realizza, incurante delle conseguenze.
Incurante è anche Agathe, che entra nella relazione fra Tomas e Martin senza apparenti sensi di colpa. Mossa anche lei soltanto dal desiderio, prosegue fino a ottenere tutto, fino ad avere Tomas per sé.
Passaggi, come evoca il titolo, sono gli spazi metaforici e concreti che i tre protagonisti attraversano, rimbalzando gli uni verso gli altri. L‘appartamento da artisti in centro, quello piccolo e semplice da insegnante borghese o la casa in campagna ricca di ricordi e sogni: i luoghi (e i tragitti da uno all’altro) segnano un tipo di vita, una scelta compiuta, un passaggio appunto da attraversare.
Tomas, però, non sa decidersi. E per questo tutto il film ruota intorno a lui e al suo desiderio ingovernabile.
La macchina da presa di Ira Sachs innamorata di Rogowski
Il regista l’ha ammesso chiaramente, anche durante l’incontro con il pubblico avvenuto a inizio luglio a Roma: non voleva soltanto girare un film con Franz Rogowski, voleva scrivere un personaggio e un intero film su di lui.
Sachs ha lasciato l’attore completamente libero di creare il suo Tomas e di lasciare che la sua personalità emergesse di fronte alla macchina da presa. Persino la scena finale non è altro che il frutto dell’osservazione di Rogowski, di quel suo modo di muoversi e correre in bici fra le strade di Parigi con un’incoscienza solo sua. Affascinante e terrificante al tempo stesso, perché priva di qualsiasi controllo.
Passages potrebbe dipingerlo come il “cattivo” della storia, solo perché non esiste un lieto fine in nessuna delle tre vite che il film attraversa, ma solo una crescente consapevolezza della complessità di ogni cosa, amore e relazioni compresi.
Non esiste un vero cattivo e se ci fosse, in ogni caso, non sarebbe Tomas. Lui che in fondo non è mai pienamente consapevole della sofferenza che provoca alle persone che ama, perché in grado di vivere soltanto nel momento presente, quello del suo desiderio.
Ogni passo e ogni Passaggio di Tomas può essere letto come un campanello d’allarme di una (doppia) relazione tossica e asfissiante. Eppure non si riesce mai ad odiarlo e a respingerlo completamente. Esercita una forza costante sul pubblico, seducendolo nonostante tutto.
Sono Martin e Agathe a comprendere, alla fine, di dover prendere l’iniziativa e allontanarsi da lui, ma come le Sirene, Tomas è un richiamo pericoloso e tenace.
Il fascino di una storia attraverso i sensi
Passages è un racconto che appassiona, qualcosa che si potrebbe definire semplicemente una “bella storia”, eppure gran parte della sua bellezza prende forma nel come viene raccontata e non solo dal cosa.
È un film del Sundance. Come tale, per chi conosce il Festival, ha già in sé un’estetica indie riconoscibile. Non è però né sporcata né povera, anzi Ira Sachs cura con minuzia ogni aspetto e con la DOP Josée Deshaies crea una fotografia straordinaria, dal neon della discoteca al pastello degli interni, completata da costumi che spesso si prendono la scena (il crop top di Tomas è una delle scelte più sensate e belle del film).
Fondamentali diventano i primi piani, i volti su cui leggere il desiderio reciproco. Passages è ricchissimo di inquadrature ristrette, vicine ai corpi quanto basta per immaginarne il calore. Lontane giusto la distanza che serve per non sentirsi voyeur.
Perché, in effetti, non possono mancare in un film incentrato sul desiderio, le sequenze di sesso, su cui Ira Sachs non scivola mai, riuscendo a mettere in scena la curiosità, la libertà e l’abbandono dei personaggi, senza morbosità anche nei momenti più intensi.
In breve
Passages è una storia da guardare senza pregiudizi, con il rischio di farsi male. È un film che va assaporato con la stessa libertà priva di convenzioni con cui Tomas vive il suo presente.
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