Nel 1993 esce in sala Lezioni di piano, scritto e diretto da Jane Campion. Un film che ancora oggi accende confronti, divide, colpisce, coinvolge, senza però lasciare mai indifferenti. Si aggiudicò la Palma d’oro al 46º Festival di Cannes e tre Premi Oscar per migliore attrice (Holly Hunter), migliore attrice non protagonista (Anna Paquin) e migliore sceneggiatura originale (Jane Campion).
A trenta anni dall’uscita, Paola Besutti e Gabriele Marcello firmano una monografia dedicata al lungometraggio, pubblicata all’interno della collana I Migliori film della nostra vita di Gremese Editore.
Lezioni di piano e la sensualità
Guardando Lezioni di piano è impossibile rimanere impassibili. Che sia un coinvolgimento di tipo emotivo o una repulsione alla crudeltà di ciò che viene mostrato, è un film che stabilisce un contatto “fisico” con lo spettatore. Merito della regia di Jane Campion, che da sempre indaga oltre il visibile evidente per soffermarsi su particolari che passano inosservati, ma che hanno consistenze da approfondire (come la corda in The Power of the Dog).
Qui la personalità e la sessualità di una protagonista repressa, che è muta dall’età di sei anni, trovano scena dopo scena il proprio modo di manifestarsi, in un ambiente prevalentemente maschile che esige costantemente il controllo della donna.
Per chi la sappia ascoltare, la donna usa quindi la voce del suo pianoforte per esprimersi in un codice incomprensibile ai più, o addirittura temuto per la sua incontrollabile espressività.
Paola Besutti, Lezioni di piano di Jane Campion, Gremese Editore
Il tocco delle dita sui tasti, l’attenzione verso le pieghe degli abiti, l’intreccio dei capelli, la musica (composta da Michael Nyman), sono solo alcuni degli indizi sensoriali che fanno del film del 1993 un racconto unico, in grado di sentire e sentirsi, anche fuori dalla narrazione.
Il dialogo tra il film e il libro
Come il film riesce ad investire i sensi, dotandosi di un potere espressivo non comune che riesce a trasportare le emozioni dei personaggi direttamente sotto la pelle di chi guarda, anche il libro di Besutti e Marcello si avvale di una ricerca stratificata e ricca di spunti a livello “sensoriale”: lo studio delle inquadrature di Lezioni di piano si affianca alla presenza della musica, che è imprescindibile per l’opera di Campion, alla scelta di rappresentazione dei luoghi naturali (nella Nuova Zelanda) che accolgono e al tempo stesso respingono i personaggi.
La monografia, scritta a quattro mani, si muove anche nella letteratura che è servita come fonte d’ispirazione per la storia e lo spirito vero e proprio che la regista voleva donare alla protagonista e all’evoluzione del suo percorso. Risalendo alla genesi dell’opera, gli autori scandagliano i riferimenti e gli elementi che provengono direttamente dalle grandi passioni di Jane Campion, come l’amore per la letteratura dell’Ottocento. Stravolgendo le narrazioni che ben conosce, realizza un film che, come scrive Marcello, “non è altro che un finto adattamento del romanzo ottocentesco di matrice gotica e vittoriana, nel quale la tracciatura tecnica e narrativa viene sconvolta”.
Non è un caso che il lavoro di ricerca di muova in più direzioni, siamo effettivamente di fronte al racconto di una femminilità in cui la musica e la riappropriazione del desiderio diventano gli unici strumenti per comunicarsi all’esterno. In trappola tra vecchio e nuovo continente, alla metà dell’Ottocento, Ada (Holly Hunter), trova la sua libertà, e questo si percepisce grazie ad una rappresentazione in cui la sintassi cinematografica è in grado di astrarla dal contesto storico evidenziandone l’essenza atemporale, la donna che vuole essere.
La Campion guarda al passato per parlare del presente e utilizza un registro volutamente disarmonico.
Lezioni di piano di Jane Campion, Gremese Editore
In poco più di centoquaranta pagine, la monografia dedicata a Lezioni di piano di Jane Campion, come se stesse studiando un particolare tessuto dalla trama complessa, riesce ad isolarne ogni dettaglio. Procede con la voglia di mostrare, ma al contempo lasciar toccare, le immagini, simile a quella che da sempre ha contraddistinto il lavoro della regista nei suoi film. La ricerca tematica, musicale e visiva degli autori porta lettori e lettrici nell’atmosfera coloniale in cui quasi tutti i colori si sciolgono nei blu e nei grigi dei paesaggi, ed è come ritrovarsi nel film.
Ringraziamo Gremese per averci reso partecipi della lettura e dell’analisi della monografia di Paola Besutti e Gabriele Marcello.
Segui FRAMED su Instagram e Facebook: c’è anche il canale Telegram aggiornato quotidianamente.