Indelebile e profondo, l’ultimo episodio di La vita bugiarda degli adulti, “Verità”, merita un approfondimento a parte. È quello che, più degli altri, una volta che hanno inizio i titoli di coda, si fatica ad accettare. Sarà per quella crudeltà che deriva dal tratto della penna di Elena Ferrante e che Edoardo De Angelis ha saputo rielaborare con la medesima intensità, ma la rivelazione della verità (esattamente come viene intitolato l’episodio) fa sempre molto male, specialmente se amara.
Una bugia, perché è bella
Giovanna (Giordana Marengo), la giovane protagonista, si interfaccia un’ultima volta con zia Vittoria (Valeria Golino) e scopre che anche quella donna, che ai suoi occhi sembrava l’unica ad agire senza dover crogiolarsi nel manto oscuro della menzogna, in realtà ha mentito. La nipote, in un battito di ciglia, perde ogni considerazione positiva nei confronti della zia, riponendola immediatamente nel cassetto degli “oggetti da dimenticare”, insieme agli altri adulti.
Quella zia che tanto si era eretta a paladina dell’amore e della verità, non era altro che una bugiarda, esattamente come tutti. Si faceva vanto di non essere più stata con nessun altro dopo il suo amato Enzo, e invece, con opera di omissione spudorata, rivela a Giovanna, che in cambio di qualche favore, si ritagliava del tempo in compagnia di altri uomini.
Il momento topico della rivelazione segue con la domanda sconcertata della nipote: “Zia ma perché mi hai detto una bugia?” e Vittoria, con fare assolutamente sciolto e disinvolto le risponde “Perché è bella”, condannandosi definitivamente al lato oscuro e menzognero degli adulti.
Il finale offerto dalla serie mostra la risposta della verità, che si ribella alla vita bugiarda. Una scelta, che coraggiosamente viene presa da Giovanna e dall’amica Ida (Azzurra Mennella), di allontanarsi da Napoli, e dalla falsità incontrollabile, perseguendo nuove strade, lontane ed incontaminate.
Diversamente accade per zia Vittoria che è destinata al tormento, alla tristezza e a ritornare in quei luoghi che lei stessa ha sempre detto di disprezzare, ma che in realtà, in fondo, le appartengono. Luoghi in cui Vittoria è costretta a tornare per sempre e in cui si fa spazio la borghesia falsa, costituita da persone, che devono dimostrare continuamente a loro stesse il proprio valore. Ciò accade perché la vita è esattamente come emerge dal dialogo tra Antonio Capuano e Fabietto Schisa, in È stata la mano di Dio, alla fine si ritorna sempre a sé stessi, al proprio dolore, e nessuno può ingannare il proprio fallimento. È ciò che subisce zia Vittoria, il ritorno al suo fallimento, nei luoghi che lei ha sempre odiato.
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