Sena - Courtesy of Conza Press. Foto di Claudia Pasanisi
Sena - Courtesy of Conza Press. Foto di Claudia Pasanisi

Per la nostra rubrica dedicata agli incontri con artisti emergenti del panorama musicale italiano, stavolta parliamo con Sena e del suo singolo, Toni Servillo, che ci riporta subito alla poetica e all’immaginario di Sorrentino

Nel tuo singolo Toni Servillo trasformi la coppia artistica Sorrentino-Servillo nel simbolo di ogni rapporto di interdipendenza e reciproca necessità che si crea nella vita. Alla fine, i film che ne escono sono conclamati capolavori: quindi i rapporti devono per forza essere fondati sulla necessità per funzionare?

Credo che una coppia funzioni quando i membri si scelgono in maniera causale e non casuale, ci si sceglie a vicenda per una specifica causa, per ammirazione e desiderio ma anche perché nell’altro troviamo ferite simili in cui vogliamo riconoscerci, perderci e confonderci fino a diventare uno, trovando così una salvezza su misura, la chiave per evadere dalla fortezza di una prigione tutta personale e dalla solitudine. In questo senso si è necessari e complemento l’uno dell’altro. L’idea del singolo Toni Servillo è nata dopo aver visto il film di Sorrentino Loro. Ragionavo sull’interdipendenza che si crea spesso in una coppia artistica, così come nella vita. Ogni addendo di questa somma plasma l’altro e dall’altro è plasmato e spesso, soprattutto nelle relazioni, soltanto in questa dimensione di necessità reciproca sentiamo di aver messo in scena la nostra vita, ci sentiamo opera compiuta.

Qual è il miglior film della coppia secondo te?

Sicuramente Il divo credo sia il film più riuscito di Sorrentino in generale, con un’idea precisa e compiuta realizzata alla perfezione, la sceneggiatura, le musiche sono incredibili e Servillo nei panni di Andreotti è epocale! Al secondo posto metto Le conseguenze dell’amore.

Cosa ne pensi di The Young Pope?

A me The Young Pope è piaciuto molto, trovo che Sorrentino abbia saputo trovare la sua cifra anche col formato della serie tv – quella mescolanza di cultura “pop”, soundtrack selezionata con grande gusto, ambientazione inusuale e dialoghi indimenticabili dà ancora una volta la misura della grandezza del regista. Insomma, che ci racconti delle trame di potere della prima Repubblica, della personalità magnetica di Pio XIII o dell’adolescenza del suo alter ego Fabietto, Sorrentino resta Sorrentino. A mio avviso uno dei più originali e innovativi narratori della nostra epoca.

E dei film di Servillo senza la regia di Sorrentino?

Toni Servillo resta uno dei più grandi attori dei nostri tempi indipendentemente dalla regia di Sorrentino, come anche Sorrentino rimane uno dei più grandi registi anche quando non dirige Toni Servillo. Ritengo che, nel cinema come nella vita, il valore di un attore, un regista, un individuo sia intrinseco e non abbia bisogno di un intervento esterno per essere tale. E questo vale naturalmente anche e soprattutto per un attore di tale grandezza.

Quello di cui parla la mia canzone, però, è proprio la magia che esplode quando si incontrano due controparti fatte, in qualche modo, l’una per l’altra: in quel momento non ci sono più soltanto il grande Sorrentino e il grande Servillo, ma nasce “la coppia artistica Sorrentino-Servillo”, qualcosa che non è semplicemente la somma di due addendi ma è una realtà nuova, una creatura nuova, come una reazione chimica, una storia nuova, anzi una storia nella storia, per questo ancor più rara e preziosa. Trovo che spesso le cose più belle, nell’arte come nella vita, nascano proprio da questo connubio.

Ti definisci ironica e onirica. Anche qui c’è un po’ di Sorrentino?

Mi piace definirmi “ironica” e “onirica” e così definisco anche la mia musica, innanzitutto perché le due parole sono una coppia anagrammatica e io sono un’appassionata di anagrammi. Soprattutto mi diverto ad anagrammare i nomi delle persone, lo faccio anche in una mia rubrica Instagram. Effettivamente questa doppia definizione si presta bene anche all’opera di Sorrentino che spesso ambienta i suoi film in una dimensione spazio-temporale sospesa e che usa l’ironia, la tragicomicità e il grottesco come sua cifra. Toni Servillo è un brano onirico già a partire dal sound, morbido e letteralmente “anacronistico”, nel senso di fuori dal tempo.

Le immagini cantate nelle strofe sono in qualche modo dei flash onirici, al limite fra sogno e realtà. Ma il verso iniziale del ritornello, quello che dà il titolo al brano, non può che essere preso con ironia. “E allora dillo, come farebbe Sorrentino senza Toni Servillo?” è la frase che spezza l’atmosfera onirica del brano e, all’interno di una canzone fondamentalmente malinconica, può strappare un sorriso, pur racchiudendo in sé tutto il “senso” del brano. Una metafora che lì per lì fa ridere, ma “fa anche riflettere”. Ecco, penso che questa definizione di “ironica/onirica” si adatti bene anche ad altri brani (che usciranno prossimamente!) e alla mia musica in generale.

C’è un suo personaggio di un suo film di fronte cui hai pensato: quello lo avrei recitato perfettamente!

Grazie per la domanda insolita, mi ha divertito rifletterci. Mi fa un po’ strano “sfidare” Sean Penn nella sua interpretazione in This Must be the Place, ma credo che sarei una Cheyenne al femminile da paura, insomma mi vedo come un’artista decadente, malinconica dolce e dark allo stesso tempo (ma anche fallita) ancor prima di iniziare il mio percorso.

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Alessio Tommasoli
Chiamatemi pure trentenne, giovane adulto, o millennial, se preferite. L'importante è che mi consideriate parte di una generazione di irriverenti, che dopo gli Oasis ha scoperto i Radiohead, di pigri, che dopo il Grande Lebowsky ha amato Non è un paese per vecchi. Ritenetemi pure parte di quella generazione che ha toccato per la prima volta la musica con gli 883, ma sappiate che ha anche pianto la morte di Battisti, De André, Gaber, Daniele, Dalla. Una generazione di irresponsabili e disillusi, cui è stato insegnato a sognare e che ha dovuto imparare da sé a sopportare il dolore dei sogni spezzati. Una generazione che, tuttavia, non può arrendersi, perché ancora non ha nulla, se non la forza più grande: saper ridere, di se stessa e del mondo assurdo in cui è gettata. Consideratemi un filosofo - nel senso prosaico del termine, dottore di ricerca e professore – che, immerso in questa generazione, cerca da sempre la via pratica del filosofare per prolungare ostinatamente quella risata, e non ha trovato di meglio che il cinema, la musica, l'arte per farlo. Forse perché, in realtà, non esiste niente, davvero niente  di meglio.