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Venom - La furia di Carnage © Sony Pictures/Marvel

Ottobre è il mese di Halloween e Halloween è la festa più tenebrosa e “spooky” dell’anno. Come, dunque, i migliori film e serie TV statunitensi ci hanno insegnato, non poteva esserci momento più consono per far uscire Venom – La furia di Carnage. E per far approdare i supereroi in un nuovo ambiente ludico e oscuro al tempo stesso.

La trama

Riprendendo la storia da dove ci eravamo lasciati con il film del 2018, questo secondo capitolo dell’alieno Marvel ci porta nella precaria routine di convivenza tra Eddie Brock (Tom Hardy), solitario giornalista pieno di alti e bassi nella vita, e Venom, simbionte extraterrestre che convive nel corpo del suo amico.

A complicare questa già zoppicante relazione vi sarà la fuga di un pericoloso pluriomicida in cerca di vendetta (Woody Harrelson) e un nuovo spaventoso e letale derivato di Venom intenzionato a rimanere l’unico simbionte in circolazione.

Tra esplosioni, combattimenti e moltissima poltiglia nera fluttuante, però, a contraddistinguere questo secondo film (che vede, ora, la regia di Andy Serkis, dopo Ruben Fleischer) non solo vi è una struttura in pieno stile Marvel/Disney, con battute sagaci, botta e risposta che lavorano bene con i ritmi della comicità (complice un inaspettato Hardy alla scrittura del film) ma anche delle dinamiche che da subito catturano l’attenzione del pubblico.

Il sinistro al servizio dei super eroi

In quello che può considerarsi, in tutto e per tutto, un buddy movie (con la sola postilla che sia il “poliziotto buono” che quello “cattivo” condividono lo stesso corpo) è infatti possibile rivederci almeno una decina di citazioni e richiami a quello che è un immaginario condiviso del soft horror e, appunto, della percezione seriale di Halloween.

Dai disegni stilizzati e un po’ gotici che ammiccano alle grafiche di Tim Burton fino a misteriosi istituti che non hanno niente da invidiare alla stagione Asylum di American Horror Story, Venom – La furia di Carnage riesce a non inventare nulla e a riutilizzare in maniera più che efficace tutto ciò che conosciamo (e amiamo) come relativo all’oscuro e al misterioso.

Se in precedenza un po’ tutte le case di produzione e i vari registi, quando si trattava di coniugare paladini della giustizia e scenografia dark, decidevano di optare per toni altrettanto cupi e una certa serietà (si, pensi, ad esempio, al Cavaliere Oscuro di Nolan), adesso Serkins decide di puntare su toni macabri e ironici insieme, più vicino alla serie della Famiglia Addams (1964) che a quelli di Seven (Fincher, 1995), per intenderci.

Così come i cattivi non sono cattivi davvero e gli alieni assassini hanno anche un cuore e bisogno di affetto, così anche i film che parlano di mostri e serial killer possono adeguarsi agli standard di risata Disney e mantenersi leggeri, godibili, ben costruiti e non scontati.

Un tentativo, insomma, più che riuscito di caratterizzare la saga del mostro nero dell’oltre spazio, dandogli la leggerezza tipica dei consimili di casa Marvel, ma senza perdere quel senso di maligno estremamente insito nello storico del personaggio dei fumetti e sfruttato molto male nel film precedente, più simile a un qualunque altro Fast and Furious che a un film su un letale alieno. 

Un colpo ben assestato, insomma, per la Sony, che rende, con questo film, sempre più esplicita la sua intenzione di creare un sodalizio con il MCU e di non abbandonare il primordiale collegamento con SpiderMan (gentile pubblico, fatevi un favore, rimanete dopo i titoli di coda, ne varrà la pena). E il fatto che tutto questo si riesca a fare in soli 90 minuti di visione speriamo faccia da scuola per gli altri infiniti kolossal a tema supereroi. 

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Giulia Nino
Classe 1996, cresce basando la sua cultura su tre saldi pilastri: il pop, i Simpson e tutto ciò è accaduto a cavallo tra gli anni ’90 e 2000. Nel frattempo si innamora del cinema, passando dal discuterne sui forum negli anni dell’adolescenza al creare un blog per occupare quanto più spazio possibile con le proprie opinioni. Laureata in Giurisprudenza (non si sa come o perché), risiede a Roma, si interessa di letteratura e moda, produce un podcast in cui parla di amore e, nel frattempo, sogna di vivere in un film di Wes Anderson.